Il 7 febbraio ricorre la Giornata contro il bullismo e cyberbullismo a scuola, istituita nel 2020 dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR).

Che cos’è il bullismo?

Il termine, dall’inglese "bullying", indica una serie di comportamenti intenzionali e prepotenti che i cosiddetti “bulli” attuano ripetutamente nei confronti di una o più persone, solitamente loro pari o con le quali vi è un reale o percepito squilibrio di potere, provocando poi uno stato di sofferenza e disagio che porta le vittime a vivere una condizione di emarginazione e sottomissione. È un fenomeno molto diffuso soprattutto tra giovani in età scolare, ma anche tra adulti e nel mondo del lavoro. Questi atti partono spesso senza una provocazione, ma spesso i bulli agiscono per frustrazione, rabbia o per raggiungere uno status sociale dominante rispetto agli altri, ma possono anche partire da una semplice antipatia o per ripicca verso un’altra persona.

Il bullismo si può manifestare sia in forma fisica che psicologica, in singolo o in gruppo, in maniera diretta o indiretta: partendo da commenti di vario tipo come l’aspetto fisico, un carattere più schivo, l’orientamento sessuale, politico o il credo religioso, l’abbigliamento o persino l’andamento scolastico. L’obiettivo è quello di mortificare una persona, creando paura, sensi di colpa, bassa autostima, tristezza, fino a sfociare in depressione, autoisolamento e, nei casi peggiori, al suicidio. Spesso tra i più giovani avvengono anche episodi di percosse fisiche, spesso in luoghi isolati per non farsi vedere da altri e dare sfogo alla propria cattiveria, sfruttando la maggioranza numerica del “branco” o la gracilità della persona che viene presa di mira; questo causa ulteriori disagi nella psiche della vittima, che non si sente al sicuro in nessun posto. Quando il bullismo agisce in maniera indiretta, avviene tramite diffamazione, spargendo voci infondate per danneggiare la reputazione della vittima e ad escluderla da un gruppo. 

Nell’era dei social network, con un accesso sempre più libero di internet, questo fenomeno si è insidiato anche online, prendendo quindi il nome di cyberbullismo. Nascondendosi dietro uno schermo e ad una falsa identità, si attuano comportamenti di natura molesta e aggressiva volti a sminuire e ad escludere la persona presa di mira, con l’aggravante che, su internet, la risonanza è maggiore e spesso degenera in forme molto più gravi.
Generalmente il cyberbullismo si esprime in insulti nella sezione commenti di un post o di una foto, per le stesse motivazioni disparate presenti nella versione “fisica” del bullismo; nei casi più gravi, può degenerare in revenge porn o in furto d’identità, dove vengono diffusi dati sensibili e privati ad un’ampia rete di persone in tutto il mondo. Le conseguenze sono per lo più a livello psicologico, ma ugualmente distruttive per le vittime, che messe alla “gogna mediatica” arrivano a chiudersi e ad isolarsi dal resto della società, troncando ogni rapporto con l’esterno per paura di ripercussioni o per il terrore di avere la propria vita rovinata; spesso le vittime sono costrette a trasferirsi altrove per poter ricominciare, altre volte sono portate al suicidio perché non reggono più la pressione, i commenti, le prese in giro o addirittura le minacce.

La ricorrenza di oggi deve ricordarci quanto sia importante fare molta attenzione all’uso di internet e dei social network: se da un lato è più facile reperire informazioni, di contro la condivisione di dati sensibili espone alla cattiveria di altre persone, anche di sconosciuti. Vista la continua diffusione del fenomeno, è importante sensibilizzare al rispetto, alla tolleranza e al confronto, valori che, in un mondo così vario, devono essere il fulcro per il futuro della nostra società. Non bisogna avere paura di denunciare atti o comportamenti lesivi nei propri confronti, o di parlarne con qualcuno, che sia un genitore, un amico o uno psicologo: non bisogna vergognarsi, ma è anzi un atto di amor proprio affrontare queste situazioni. Fortunatamente, molti genitori stanno iniziando a prendere contromisure per tutelare i loro figli, ma è anche compito nostro, dei giovani over 18, dare l’esempio sull’uso sano dei social e al rispetto dell’altro. È importante riflettere su ciò che è il fenomeno e permettere ai ragazzi e alle ragazze di avere gli strumenti per riconoscerne gli aspetti e spronarli a difendersi, praticare e sviluppare abilità comunicative e soprattutto educare all’assertività.

Uno dei motti di ESN è Unity in diversity, ed è quindi un nostro obiettivo far sì che il cambiamento di cui oggi abbiamo bisogno parta prima da noi stessi, per poi spingere chi ci sta intorno prima alla riflessione, e poi ad un cambiamento di attitudine non solo verso i volontari e gli Erasmus, ma anche di tutta le realtà sociali in cui viviamo tutti noi: la città, l’università, il paese di residenza, la famiglia e così via. Affinché questo duri nel tempo, ci impegniamo ogni giorno, in ogni attività, per far vedere quanto è bello essere diversi, perché c’è sempre qualcosa da imparare dall’altro!

Stefano Ricci